Valle Caudina: Traumi ignorati e dimenticati, la famiglia Ismail

Redazione
Valle Caudina: Traumi ignorati e dimenticati, la famiglia Ismail

Sono passati oramai 5 mesi da quando la famiglia Ismail di origini nigeriane, composta da padre, madre incinta al terzo mese e tre figli minori rispettivamente di 1, 3 e 4 anni, hanno ottenuto la protezione internazionale con relativo permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Nonostante la circolare del Ministero Dell’Interno avente come oggetto: “Sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. Procedure per l’inserimento di richiedenti/titolari di protezione internazionale e dei loro familiari, nonché degli stranieri e dei loro familiari beneficiari di protezione umanitaria nelle strutture dello SPRAR”, reciti al punto 7 che una volta consegnato il permesso, in mancanza di assegnazione di un posto SPRAR, possono essere avviate le procedure per la dimissione dalla struttura, sempre che non sussistano ragioni di particolare vulnerabilità che impongano la ricerca di adeguate soluzioni offerte dal sistema di welfare locale,  la famiglia Ismail continua a vivere senza tutela in stato di vulnerabilità.

Per il nucleo Ismail si delineano i contorni di un’accoglienza che – troppo spesso – esclude, rischiando di aggravare le condizioni di salute di chi chiede asilo in Italia, dopo essere sopravvissuto a torture, prigionia e viaggi senza fine.

Stress da transculturazione e culture-bound syndromes, emarginazione socioeconomica: per le famiglie di migranti che arrivano in Italia non sono solo i disturbi post traumatici da stress l’unico rischio per la loro vita. A preoccupare maggiormente è soprattutto la povertà dovuta ad una mancata accoglienza nel paese ospitante. Se le condizioni di accoglienza non sono adeguate o addirittura inesistenti, si può andare incontro a una “re-traumatizzazione, ovvero alla creazione di un disagio spaventoso.  Burocrazia, isolamento e lunghe attese.

La promessa di una vita sicura in Europa si infrange spesso sulle secche della burocrazia, facendo emergere, o ri-emergere, traumi passati, e dando vita a quelli che la letteratura tecnica definisce disturbi post-traumatici da stress, stati di ansia o episodi depressivi.

La famiglia Ismaele denuncia la mancata presa in carico da parte dei servizi sociali comunali e il rifiuto dell’accoglienza da parte dello Sprar del Comune di Rocchetta Sant’Antonio a cui era destinata.

Da più di cinque mesi il Centro di accoglienza Noi x Voi, sopperisce ai bisogni primari di questo nucleo, curandoli e nutrendoli, senza aver ricevuto alcun compenso economico, per una responsabilità che riteniamo essere di carattere Istituzionale. Duramente replica uno dei responsabili del Centro Giuseppe Reale “mentre qualcuno si gode beatamente le vacanze con la sua prospera famiglia”, noi ci siamo dovuti tassare e rinunciare ai più lieti momenti familiari, per aiutare un nucleo in serie difficoltà di tipo economiche e sanitarie.

Se si vuole davvero favorire l’integrazione, oltre a far rispettare le leggi senza compiacenze “culturali” ed espellere chi si macchia di crimini, è necessario svolgere una grande opera integrazione e presa in carico, per chi resta sul suolo italiano, e versa in condizioni di disagio estremo. Non si può fare finta di nulla, questo è il vero razzismo: negare che l’altro abbia una responsabilità, una coscienza; negare che abbia la libertà di decidere di agire in un modo o in un altro, con tutte le conseguenze del caso, negargli il diritto di vivere.

Chissà quanto tempo ci vorrà ancora prima che i nostri profeti del dialogo e dell’ascolto captino finalmente le voci che arrivano dai più deboli ed indifesi.