Valle Caudina: il Pd e la disfatta elettorale, ragioni e analisi

6 Marzo 2018

Valle Caudina: il Pd e la disfatta elettorale, ragioni e analisi

Il risultato di questa tornata elettorale non è una sorpresa per chi è abituato a stare fra la gente. Il crollo del PD non era inaspettato, forse la dimensione del crollo può essere una sorpresa. Nessuna sorpresa nemmeno nel voto del sud prevalentemente grillino, la gente esasperata dalla crisi economica, dalle difficoltà, dalla rabbia, è uscita di casa per andare a votare cinque stelle, a volte lega, e parlo di gente anziana, che non votava da qualche tornata, quella che oggi manifesta insoddisfazione nei bar perchè non si è raggiunto il risultato della maggioranza assoluta che avrebbe spazzato via i politici. Questo clima non è stato capito dal PD e da Renzi.
Un secondo profilo di analisi è la perdita del contatto con la gente, continuando a pensare che i territori possano rimanere sguarniti, privi di sedi di partito aperte al dibattito e funzionali alla gente con i suoi problemi, con dirigenti che, invece di preoccuparsi di vivere le persone e i loro problemi del quotidiano, preferiscono la politica delle stanze che, troppo spesso dalle nostre parti si è trasformata in una politica per bande, l’un contro l’altro armato.
Credere di combattere il populismo utilizzando solo il messaggio dei social, solo i mezzi di informazione, solo i richiami elettorali al senso di responsabilità degli elettori non rende e non ha reso, può essere praticato solo da chi fa appello alla rabbia, alla ribellione, alla voglia di cambiamento radicale; questo ha reso, infatti, solo ai 5 Stelle e alla Lega. Le percentuali dei Cinque Stelle oltre il 50°/° in Campania, ma non solo, sono la riprova che il PD e la sua dirigenza non hanno capito niente di quello che stava accadendo nel mezzogiorno, che per dimensione è andata ben al di là della generica sfiducia nelle istituzioni e nella politica.
Un terzo e non ultimo profilo di analisi è quello che riguarda direttamente Renzi. In questi anni Renzi, che pure è riuscito a realizzare tante cose, ha dimostrato difetti di temperamento che non sono sfuggiti al “popolo”, primo fra tutti l’incapacità a tornare indietro su scelte fatte e rivelatesi errate, come per esempio la buona scuola con il suo “miracolo occupazionale, sprecato e distrutto dalle criticità della L.107, dalla gestione pessima dell’assegnazione di sede agli oltre 150.000 immessi in ruolo. Non serve e non rende affermare, come sempre con notevole ritardo, di avere sbagliato senza far seguire le iniziative politiche e legislative consequenziali. L’attacco scriteriato ai corpi intermedi è un’altra faccia del profilo di responsabilità di Renzi. Non si può guidare un grande partito popolare come il PD e tante volte apparire ed essere caratterialmente un fanciullo bizzoso, che reagisce ad ogni minimo tentativo di critica o dissenso proprio con l’atteggiamento di un bambino che pensa gli si voglia sottrarre il giocattolo. Anche la reazione al voto negativo non è una sana ricerca di un’analisi accurata, un riconoscimento degli errori per ripartire con maggior forza e tenacia, per riconquistare fiducia e consensi. Renzi ha scelto la strada, corretta a mio avviso, di un congresso straordinario del partito che faccia analisi critiche profonde, elabori nuove proposte, assuma decisioni politiche coraggiose per il recupero del consenso. Se questo è, c’era bisogno di annunciare dimissioni con validità e formalizzazione a mesi ? Bastava dire che il capitano non abbandona la nave nel momento del naufragio e formalizzare la convocazione del congresso stesso, al quale si poteva presentare dimissionario, compattare finalmente tutti nel partito. Corretta anche la scelta di opposizione in coerenza con la linea politica enunciata in campagna elettorale, nel rispetto di chi ci ha votato, ma c’era bisogno di lanciare frecciate a Mattarella? Tracotanza e sbruffoneria non rendono
in politica,non rendono soprattutto in questo momento di enorme difficoltà, occorrono, invece, equilibrio, capacità di analisi e di sintesi, consapevolezza di avere dei doveri verso un PD che non va mandato ancora di più allo sbaraglio.
Gli errori della minoranza interna, che sembrano ripetersi in questi giorni dimenticando il fallimento dei fuoriusciti di Liberi e uguali, rendono ancora più confusa l’attuale situazione, evidenziano la superficialità di chi non riesce a pensare innanzitutto a come arginare la deriva, europea, della sinistra, a riconquistare attraverso un profondo cambiamento, credibilità e fiducia del nostro popolo smarrito.
Abbassare i toni e pensare al Paese riguarda tutti, vincitori e vinti di questa tornata elettorale, nel rispetto del ruolo che i risultati hanno assegnato a ciascuno; al PD e ai suoi dirigenti dico con grande umiltà ciò che dico direttamente a Renzi: cambia Matteo e rimani, la stagione “del fanciullo” è definitivamente finita, proviamo a vedere se può essere sostituita da quella della maturità”, tutti lo devono al PD e a ciò che esprime in termini valoriali, lo devono a chi ci ha votato e sono ancora tanti, al futuro di questo Paese.

Vincenzo Brancaccio

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