Valle Caudina, Ferrovia di cartone, peripezie di universitario

Il Caudino
Valle Caudina, Ferrovia di cartone, peripezie di universitario
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Il treno arriva con qualche minuto di ritardo alla stazione di Arpaia, condivisa con Airola e S. Agata dei Goti. “Solito”, sussurra uno dei tanti pendolari che, come me, usufruiscono della linea ferroviaria MetroCampania Nord Est per raggiungere il capoluogo partenopeo. Saliamo. Sono le 7:13, orario di punta: viaggiano studenti universitari e impiegati su due sole carrozze e si scorgono pochi posti a sedere. D’altra parte, non è tanto la poca disponibilità di sedili liberi a risaltare all’occhio, ma sono la sporcizia, la scarsa igiene, il velo di polvere che sovrasta la pelle unta di quegli stessi sedili su cui le persone dovrebbero sedersi. Ci accorgiamo poi, una volta seduti, che tra i piedi riposano buste di patatine e lattine di Coca Cola. Non un’espressione di disappunto sui volti dei passeggeri, quanto invece uno sguardo ai limiti dell’indifferenza, dettata dalla visione divenuta ormai quotidiana di tale immondizia. Non si lamentano vistosamente, ma sbuffano, scuotono lentamente il capo, prima di abbandonarsi ad un sonno ristoratore. Il viaggio è pressoché tranquillo. Coloro che hanno voluto rischiare la sorte non timbrando il biglietto, per risparmiare, possono stare tranquilli: l’addetto al controllo dei biglietti non sembra esservi. Giunti a S. Maria a Vico, le due carrozze del treno si riempiono. I posti a sedere non bastano, gli ultimi arrivati sono costretti a rimanere in piedi. Altre persone, per lo più studenti e impiegati, salgono alla stazione di S. Felice a Cancello. Ci si ritrova, così, stretti stretti inscatolati come sardine. Dopo qualche tempo giungiamo alla stazione di Cancello, non senza aver atteso, immobili, il transito di qualche altro treno. Alla stazione più importante dell’affollato comune casertano osserviamo un continuo viavai di treni. Alcuni convogli provengono da Napoli e vanno a Cassino, Caserta e Salerno; altri, provenienti da Piedimonte, sono diretti, come il nostro, verso il capoluogo napoletano. Stonano le strutture vecchie e rovinate del nostro treno con quelle lucenti dei convogli della nuova compagnia ferroviaria di ItaloTreno che transitano per la stazione di Cancello. Ma, a un tratto, la voce di qualche addetto ai servizi del treno ci sveglia dal torpore mattutino: “A Cancello si scende, a Cancello si scende!”. Si scende? Di nuovo? Non è la prima volta che siamo costretti ad abbandonare le carrozze per aspettare un altro treno o addirittura, come questa volta, affidarci ai pullman della stessa MetroCampania. Ad attenderci però, ne troviamo solo uno dei due previsti. Si ripresenta, così, la stessa situazione delle sardine in scatola. Alcuni decidono perfino di tornare alla stazione e aspettare un treno più affidabile che li porti a Napoli. Saliamo sul pullman: i sedili non bastano per tutti. La corsia centrale è piena di persone che in un modo o nell’altro si rimpiccioliscono per fare spazio, afferrano qualcosa per non perdere l’equilibrio, sperano che il viaggio duri il minimo possibile. La loro speranza è vana: giunti alle porte di Napoli il traffico mattutino imperversa come non mai. Poi, finalmente, la luce: anche se in ritardo, raggiungiamo l’ambita meta. La fatica di un viaggio tutt’altro che leggero ci pesa sulle spalle, ma la giornata è in fondo appena iniziata: ci aspettano lavoro e ore di corsi universitari, prima dell’agognato ritorno.

Luciano De Santis