Il tarallo di San Martino: una vera prelibatezza caudina

5 Aprile 2017

Il tarallo di San Martino: una vera prelibatezza caudina

Valle Caudina. E’ iniziato il conto alla rovescia verso la Santa Pasqua. Accanto alle festività religiose, nella nostra Valle, si riscontra una eccezionale euforia gastronomica.
Sono davvero numerose le prelibatezze che si preparano per esaltare questa festività che rappresenta una sorta di rinascita in tutti i campi.
Iniziamo oggi un piccolo viaggio in questo straordinario universo per ricordare anche sapori ed odori che rischiano di scomparire. La prima tappa è con un prodotto straordinario, il “tarallo di San Martino” che, però, viene preparato in tutti i i paesi della Valle Caudina.
Allacciate le cinture, anzi, inforcate le posate che si parte.
Guai a chi usa il coltello: bisogna spezzarlo rigorosamente con le mani. E’ una regola fondamentale per gustarlo a pieno. Il tarallo è una bontà pasquale che vanta numerosi tentativi di imitazione.
Ma è un po’ come la sfogliatella a Napoli: lontano dal golfo non ha lo stesso sapore, non si riesce proprio a riprodurla. E’ una specialità che viene proposta in tutta la Valle Caudina, a partire dalla festività di San Giuseppe, ma la sua apoteosi è proprio di questi giorni.
Tutti riconoscono, però, la primogenitura a San Martino Valle Caudina. Mai come in questo caso, infatti, tutti gli altri comuni sono stati fieri di essere colonizzati perché è stata una invasione ricca di gusto. Ottimo come dolce a fine pasto, straordinario per la prima colazione, ma i veri appassionati, non solo lo spezzano con le mani, ma sanno che immerso nel vino rosso è qualcosa che non si può raccontare: si può solo gustare. In queste ore, tutti i forni del piccolo centro emanano un profumo celestiale, il tarallo è buonissimo anche caldo ma conserva per giorni e giorni la sua fragranza. Anzi, per tuffarlo nel vino rosso è meglio che sia passato qualche tempo dall’uscita dal forno.
Per proteggere questo vero e proprio gioiellino, qualche anno fa, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Pasquale Ricci, ha depositato la ricetta all’accademia della cucina.
In questo modo, solo i taralli realizzati, seguendo questo vero e proprio disciplinare, possono vantarsi del titolo “di San Martino”. Per ogni tarallo sono necessarie almeno dieci uova, farina, zucchero, latte ed aromi, come la vaniglia o le bucce di arance. Per realizzare bene la ricetta dovete carpire, è proprio il caso di dire, il segreto a qualche massaia o fornaio del piccolo centro.
Il vero “tarallo di San Martino” deve avere un diametro di almeno 18 centimetri. Se è più piccolo, diffidate. E se a Pasqua è devozione assaggiarlo, non esiste picnic di Pasquetta durante il quale qualcuno non estrae da una borsa un bel panno colorato nel cui interno, sorpresa (altro che uovo) spunta il tarallo. E potere essere certi, che sparirà in men che non si dica, perché il tarallo di San Martino è unico.

Peppino Vaccariello

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